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Writer's pictureMax Giorgi

Ostra: la Chiesa di San Rocco

Updated: Jun 16, 2021

Una delle chiese più sfarzose delle Marche, quella di S. Rocco a Ostra (AN), che ha subito una lunga evoluzione, ma mantiene l’indissolibile legame con le sue origini barocche.




Imponente la presenza di opere emanufatti artistici e artiginali di pregio, che ricalcano la storia semimillenaria dell’edificio sacro.

L'edificio sacro doveva essere un'offerta per placare l'ira di Dio ed attirare la sua benevolenza. La proposta fu approvata all'unanimità e la Chiesa fu costruita con tutto il concorso della cittadinanza e dedicata a San Rocco, quale protettore degli appestati.

Quale fosse l'aspetto originario esterno della Chiesa ci viene testimoniato da un quadro esposto nella sala del consiglio comunale datato 1658. Il quadro, opera di Francesco Carsidoni, raffigura la Vergine Maria con accanto San Gaudenzio il quale offre a Montalboddo la sua protezione. Il paese è raffigurato secondo l'urbanistica dell'epoca ed è ben visibile la Chiesa di San Rocco con il timpano e l'ingresso rivolto verso la Piazza.


Non appena si entra nella Chiesa composta da un' unica navata l'occhio del visitatore è colpito dalla ricchezza delle decorazioni. Lo stile architettonico ed artistico vigente durante gli anni della sua costruzione era lo stile Barocco. Stile che segue il Rinascimento (nato in Italia inizio 400). Le forme architettoniche tra le due correnti sono le stesse: colonne, pilastri, cornicioni, trabeazioni, modanature elementi “presi in prestito” dalle rovine classiche.


Lo sfarzo e l’ostentazione di stucchi bianchi e dorati ed altre forme di decoro, avevano il consapevole scopo di evocare una visione di gloria celeste.


Architetti, scultori pittori e artigiani furono chiamati per realizzare in questa chiesa una “mostra d’arte” capace di travolgere con lo splendore e di attirare e persuadere non solo l’analfabeta ed istruirlo con le parole di Dio, come fecero durante il periodo Gotico, ma anche lo scettico che questa volta aveva “letto troppo”.


In questi interni non contano tanto i singoli particolari o dettagli quanto l’effetto di insieme. Bisogna immaginare la fusione delle arti, lo sfarzo e la bellezza dorata della gloria dei cieli (per convertire), le luci soffuse delle candele il suono d’organo e il profumo d’incenso.


Le nicchie che accolgono l'altare maggiore e i due altari laterali sono interamente decorate di stucchi con particolari in oro zecchino. Ogni altare si esprime con grande quantità di motivi decorativi, che esaltano le linee architettoniche. Le ghirlande e i grappoli delimitano le lesene, da cui parte la volta dell'arco a tutto sesto. Ogni Altare è sormontato dallo stemma della famiglia gentilizia committente ovvero Gherardi, Rossi e Persichelli.


Nel 1545 il comune diede l'incarico a Suor Alessandra di Rocca Contrada (Arcevia) di fondare un monastero delle suore di clausura di Santa Chiara, dette del buon Gesù, sul luogo dov'era la rocca o cassero di fondare un monastero. Il monastero in base alla documentazione storica pervenuta era un edificio molto ampio dotato delle caratteristiche tipiche di un luogo destinato ad accogliere una comunità religiosa, le cui severe regole imponevano una rigida clausura.


Il complesso edificato su due piani con un doppio loggiato ad est era in parte proteso verso il centro abitato e in parte circondato dalle mura di Ostra.


La distribuzione interna degli spazi era studiata in modo da rispettare il silenzio e l'intimità. L'ala dove si trovava l'ingresso doveva ospitare gli spazi destinati alle relazioni con l'esterno: la portineria e la foresteria. La prima rappresentava il luogo dove le monache offrivano il loro aiuto: lo strumento inoltre che consentiva da comunicazione era la "ruota" un supporto in legno girevole comunicante tra i due locali.


La foresteria invece serviva per accogliere quanti desiderassero condividere l'esperienza della preghiera e della vita contemplativa. La parte centrale dell'edificio affacciata sull'amplio orto (attuale Via del Teatro) alloggiava i locali proposti alle attività domestiche quali la cucina e il refettorio separati dal chiostro da un lungo e ampio corridoio.


Il chiostro era delimitato su tre lati dalle arcate del loggiato e chiuso ad est da una parete. Nelle immediate vicinanze esiste il coro separato dalla grata che divide la chiesa dal monastero. Al piano superiore si trovavano le celle delle monache e delle novizie insieme con l'infermeria e il bagno.


Sopra la chiesa in corrispondenza del coro troviamo la cantoria e la sala capitolare, dove in particolare occasioni veniva riunita la comunità. Alla fine del '700 vennero ampliate le dimensioni della struttura e venne allargato anche l'orto. Probabilmente nella nuova area coperta erano sistemate il magazzino per le provviste, la cantina, il granaio e i depositi. Contemporaneamente furono elevati altri due piani dove furono sistemati la biblioteca, l'archivio e l'ufficio della Badessa. Sopra ancora esisteva lo spazio per estendere il bucato e per altre eventuali mansioni domestiche. Oggi il monastero del buon Gesù non esiste più.


I locali però dopo la chiusura del monastero vennero adibiti con particolari adattamenti e ristrutturazioni a sede dell'ospedale civile e tutt'ora al poliambulatorio medico comunale di Ostra.


Nel passato fu sede anche del ricovero di mendicità. All'interno del monastero sebbene non è stato possibile individuare dove fosse collocata vi era la cosidetta "scala santa" che nel 1770 fu trasportata all'interno della chiesa. Una scala, cioè che su invito e per iniziativa di Monsignor Nunzio Dandini vescovo di Senigallia le suore del monastero avevano costruito, all'interno del monastero stesso, nel 1703. La scala era detta santa, perchè era la similitudine di quella su cui passò Gesù nel palazzo di Pilato a Gerusalemme e che ora si trova nella chiesa di San Pietro in vincoli.

Detta scala era stata costruita dalle suore, sia in ricordo della passione di Cristo, sia per l'esercizio di risalirla in ginocchioni in preghiera, quale atto di espiazione per le proprie ed altrui colpe, ad utilità spirituale delle suore stesse.


Verso la fine del '700 la Chiesa fu completamente ristrutturata e subì una specie di "rotazione". L'ingresso fu trasformato in abside e fu spostato sul lato destro previo lo spostamento dell'altare maggiore.

Ancora sul legno della porta è visibile la data 1692 a ricordo della consacrazione della nuova Chiesa. Il profondo intervento di ristrutturazione legato alla necessità di offrire alle monache uno spazio che favorisse la loro partecipazione alle celebrazioni liturgiche nel rispetto delle rigide regole imposte dalla clausura.


Presenti anche delle tele opera di Giovanni Brandi da Poli, della bottega di Pietro da Cortona e, probabilmente, della bottega di Federico Barocci.

Tutte le tele, tranne quella dell’altare maggiore, sono segnate dal sigillo di ceralacca, con il quale venivano identificate le opere di prestigio, destinate a seguire le truppe Napoleoniche in Francia.


Nella parete di fronte all’altare maggiore si mostra la cantoria con il mobile dove al suo interno si trova un organo del 1771 del famoso organaro padovano Gaetano Callido. Dell’antico monastero è ancora oggi possibile visitare il refettorio, che conserva integre le tavolate e il rivestimento in legno di noce.





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